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COVID-19: NUOVI SIGNIFICATI PER IL WEB E I SOCIAL? LA PAROLA ALLA PSICOLOGA

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Quando tutto è iniziato, ci siamo trovati sgomenti e sconvolti di fronte ai notiziari: il Covid-19 è arrivato in Italia.

Abbiamo dovuto, nell’immediato, cambiare le nostre abitudini, dalle più importanti a quelle spesso ritenute scontate, ma soprattutto ci è stato chiesto di cambiare radicalmente le nostre vite.

Increduli, ci siamo presto trovati su un’altalena di emozioni, difficile da gestire e difficile da fermare: ansia per l’incapacità di prevedere la situazione, incertezza, paura, rabbia per le limitazioni e verso le istituzioni, senso di impotenza verso i propri cari contagiati, dolore per chi se n’è andato senza poterci nemmeno salutare.

Di colpo ci è stato chiesto di fermarci in una dimensione sospesa, quasi congelata.

È stato scioccante, ma con il passare dei giorni è emerso sempre più forte il bisogno di dare un senso e trovare un modo per orientarci in questa nuova situazione. Diventa necessità quotidiana fondamentale la costruzione di significato: nasce così il desiderio di esplorare gli spazi e i luoghi che ci è ora permesso visitare, di orientare i nostri movimenti alla ricerca di nuovi elementi per comprendere.

I social e il web, il cui utilizzo era già diffuso in modo consistente nella nostra quotidianità, hanno non solo preso sempre più spazio, ma hanno anche assunto, per certi versi, un significato nuovo. Sono così diventati i principali luoghi di informazione e di socialità, dove restare aggiornati e dove ritrovarsi con l’altro e nello sguardo dell’altro.

Sono gli spazi che, oltre alla nostra casa, possiamo visitare, osservare e in cui possiamo immergerci per tenere aperta una finestra sul mondo.

Possono essere veicoli di incontro e alleanza. Basti pensare agli hashtag #iorestoacasa e #andràtuttobene che sono diventati simbolo di speranza e di una tenace partecipazione alla lotta contro il Covid-19 pur tra le mura domestiche.

Ma non solo, con il web e i social abbiamo l’occasione di tenere vivo il tessuto sociale e culturale che ci lega come popolo; abbiamo la possibilità di rimanere informati su quello che accade in modo da poter esprimere opinioni sempre aggiornate e puntuali.

Nella moltitudine di informazioni che vengono veicolate, è certamente importante fare attenzione alle fonti a cui si attinge (ufficiali e attendibili), ma anche ad una eccessiva esposizione.

Meglio evitare di essere sottoposti al bombardamento mediatico o a quella che è stata da alcuni chiamata “infodemia”: può portare a un aumento della confusione e dell’ansia. Bisognerebbe riuscire a scegliere i contenuti e le fonti consapevolmente, ma soprattutto dosare il tempo di esposizione.

La potenza dei social media, in questo momento storico, si declina soprattutto nel loro sapere essere spazio di comunicazione e di relazione; non che prima non fossero utilizzati per questo scopo, ma ora sono strumento principe per mantenere un contatto e una vicinanza.

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Dal punto di vista lavorativo, la rete ha permesso a molte realtà aziendali di mantenere una continuità, non solo produttiva, ma anche progettuale attraverso lo smart working. Anche le scuole hanno prontamente attivato la didattica online, trovando un modo per reinventarsi e trasformando il web in uno luogo di formazione a tutti gli effetti.

La socialità si è ritrovata in una nuova dimensione, dove la relazione si è spostata dalla vita reale a quella virtuale, si è dovuta ridefinire e modificare. Le relazioni restano e continuano ad essere fortemente terapeutiche, bisogna solo trovare nuovi modi per stare con l’altro.

Si può cercare il supporto di amici, conoscenti, rivedere la propria famiglia, uscire dall’isolamento della casa per incontrare, seppur tramite uno schermo, lo sguardo dell’altro. In alcuni casi, si può addirittura vedere un proprio familiare ricoverato in ospedale, mitigando, seppur di poco, il dolore dovuto alla separazione traumatica e all’incertezza sulla possibilità di un futuro abbraccio reale.

Il supporto e la vicinanza dell’altro, anche se telematica, ci permette inoltre di comprendere che non siamo “i soli”: viviamo un fenomeno collettivo che tocca tutti, in vari e diversi modi; questo in qualche modo ci accomuna e unisce.

Oggi più che mai riscopriamo il valore delle relazioni, di un tempo “vuoto” che però ci consente di esserci per gli altri e con gli altri.

Nella distanza forzata non si è forse creata un’enorme vicinanza?

Come cambierà il nostro modo di vivere le relazioni anche quando tutto questo sarà finito?

Perché non iniziare ora a progettare la nostra ripartenza e un modo per reinventarci?

Non è forse giunto il momento di vedere l’altro e sentirci parte di una collettività?

 

Questo articolo è stato scritto dalla Dottoressa Federica Pini, specialista in Psicologia Clinica.

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